giovedì 21 febbraio 2008

Hen wlad fy nhadau

Il rugby, nel Galles, ha un profodo significato. Sociologico. Culturale. Sportivo. Non c'è bambino che non cresca con una palla ovale e non c'è persona (maschio o femmina che sia) che non segue i Dragoni. I gallesi sono stati all'apice del successo ovale fra gli anni '70 e gli anni '80. Gente rude, proletaria, che nel rugby trovava la valvola di sfogo da una vita fatta di sacrifici e stenti.
Quello che vado a raccontare, nell'omaggio ai gallesi, è un'aneddoto risalente agli anni '80 di una trasferta nel Principato tratta dal libro Il terzo Tempo di Marco Pastonesi ed Enrico Pessina.

"In Galles, a Pontypridd. Vicino al campo si fermava il treno, vedevamo scendere i minatori, ancora sporchi di carbone e con in mano una valigia quadrangolare, ed entrare negli spogliatoio per cambiarsi: erano loro i gioactori. Erano stanchi del lavoro, ma invece di andare a riposarsi preferivano quella guerra. Le mogli con i bambini venivano a vedere i papà, le donne preparavano le zuppe e le birre" - Marco Bollesan



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